In questi giorni abbiamo letto di azioni ed intenzioni rispetto didattica a distanza, riduzione e turnazione del calendario giornaliero scolastico, chiusure parziali o totali delle scuole e delle aule. Se da un lato il DPCM del 18 ottobre ha scongiurato, almeno al momento, il pericolo di una nuova chiusura scolastica, dall’altro ha evidenziato come tale ipotesi non fosse del tutto esclusa. Questo ci pone delle domande su quale siano le prospettive di pianificazione e confronto rispetto a un tema sul quale è necessario porre dei punti fermi.
Noi partiamo dal presupposto che la scuola è uno dei luoghi più sicuri, se non il primo tra tutti, dove bambin@ e ragazz@ possono passare la giornata, crescere e formarsi da un punto di vista personale, relazionale e logicamente didattico.
L’istruzione è un diritto esattamente come la salute: entrambi vanno preservati e sostenuti, e l’unico modo per farlo è investire sempre più su di essi. Investire nella scuola e sugli insegnanti è oggi più che mai necessario per la salute fisica e la tenuta sociale della nostra comunità, non bisogna ridimensionarla o renderla esclusiva ed escludente in termini di accesso.
Non possiamo parlare di come ci immaginiamo il post Covid se nel mentre reputiamo utile e sensato chiudere anche solo parzialmente le scuole; senza fare gli opportuni distingui rispetto le età, le possibilità materiali, le risorse personali e le opportunità sociali di tanti minori e delle rispettive famiglie.
Ci chiediamo quali siano i luoghi deputati ad un ascolto attivo per insegnanti, studenti e famiglie. Ci chiediamo quali siano gli spazi decisionali, dove portare la voce anche di chi, come noi, ogni giorno si impegna per ampliare e integrare l’offerta educativa del sistema scolastico. E per di più lo fa con protocolli, spese e investimenti ingenti, che rischiano di compromettere il nostro lavoro e la nostra sostenibilità economica, ma lo facciamo con la serietà e la professionalità di chi sa che chiusure anche solo parziali e didattica a distanza sono una falsa soluzione alla diffusione dell’epidemia nonché una svalutazione della dimensione personale e formativa delle prossime generazioni.
Nell’agenda politica delle Istituzioni, soprattutto in periodi di crisi di qualunque natura, ci devono essere dei punti fermi: l’universalismo di accesso alle attività educative rientra tra questi.
Quali sono le fatiche, le incongruenze e le insensatezze di un periodo uguale o anche solo simile a quello che già abbiamo passato?
Quanti genitori, in particolare le donne, dovranno ancora rinunciare al proprio lavoro per sostituirsi alla scuola in presenza?
Quanti minori saranno nuovamente esclusi dall’accesso all’istruzione per via della didattica a distanza?
Quanti enti della società civile, sempre tanto acclamata e invocata, dovranno fare i conti con una ridotta capacità di aiutare scuole e famiglie nella formazione delle prossime generazioni?
Queste domande hanno come base comune l’idea di welfare che abbiamo in mente: un welfare del secolo scorso in cui lo Stato dice cosa si fa, o un welfare realmente di comunità in cui ogni attore del sistema rappresentativo è parte attiva del processo partecipativo e decisionale?
APE onlus aderisce all’appello lanciato da Arci Bologna e raccolto trasversalmente da tante altre realtà del Terzo Settore per chiedere alle nostre istituzioni locali e regionali di ascoltare le idee, le fatiche e le aspettative di chi continua a lavorare perché l’istruzione sia un diritto sempre, e non a fasi alterne!
La scuola e le attività para-scolastiche sono un investimento e non una spesa, sono un luogo dove si cresce insieme senza escludere nessuno, in maniera sicura e garantita. Non solo contro il Covid, ma contro ogni forma di marginalizzazione e cristallizzazione delle differenze.
Non rischiamo di chiuderci un’altra volta!
Alessandro Albergamo
Presidente A.P.E. onlus
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